Questo è un post lungo.
Mettiti comodo/a, prenditi da bere,
e … pronti a partire!

D Dopo gli anni di assenza causa Covid, si torna in Grecia.
Sarà una vacanza prima itinerante, poi stanziale.
Cultura e relax.
Visite a monumenti e musei, e mare.

Ci lasciamo subito alle spalle Atene ed il suo traffico. Viaggeremo sulla VW Taigo – un upgrade rispetto a quanto prenotato, almeno in termini di dimensioni. Come cilindrata siamo bassini, lo scopriremo arrancando per le strade di montagna: dall’alto della sua tecnologia (anche troppo comunicativa ‘sta macchina) e del suo ego, continua a chiedere la quinta, quando a malapena ce la fa in quarta! Ad ogni modo 1650Km senza problemi.

La prima sosta è un autogrill che – una volta – dev’essere stato futuristico.

Procediamo verso nord, e subito veniamo confrontati con ben due avvisi gastronomici: attenzione ai forni da pizza e all’attraversamento cibo.

Montagne

Una costante del viaggio. La Grecia decisamente non è solo mare. O almeno non lo è per noi che ancora una volta abbiamo optato per la Grecia continentale. Non sempre sono altissime, ma raramente ci siamo trovati a viaggiare in piano.
A partire dagli ultimi km prima di arrivare al monastero di Óssios Loukás, a Delfi stessa da cui si gode di una magnifica vista sul golfo di Corinto.
Da Delfi alle Meteore abbiamo seguito le indicazioni di Google Maps, che ci ha proposto prima una stradina e poi una strada di montagna tra baite e località sciistiche sui monti Parnassos, sembrava di essere in Lessinia. Solo l’ultimo tratto prima di giungere a Kalambáka, ai piedi delle Meteore, era di pianura; abbiamo cercato di alleviare la noia con la radio. Ci siamo riusciti, ma solo perché la programmazione era costantemente un misto incomprensibile tra RadioMaria e musica tradizionale locale, un’inondazione di Casadei greco! E sì che alla partenza avevamo trovato una radio che trasmetteva un bel programma rock (in spagnolo, va a capire perché).
Poi di nuovo, dalle Meteore a Ioánnina a scavallare i monti del Pindos: addirittura la strada così invitante sulla cartina era bloccata con tanto di cumulo di terra a fare da dissuasore e, per la felicità di Bab e Gaia, abbiamo dovuto ripiegare sull’autostrada. Breve sosta a Métsovo, paesino montano caratteristico.

Per chiudere, il Peloponneso, tra Olimpia e la nostra destinazione di mare finale, nonché il primo tratto del rientro verso Atene ci hanno fatto gustare appieno i monti della Lakonia.

Monastero di Ósios Loukás

Il monastero di Ósios Loukás è la nostra prima meta, è circa sulla strada per andare a Delfi. Sito Unesco, “[…] fu uno dei precursori dell’ultima ardita espressione dell’arte bizantina […] uno dei più grandi edifici costruiti nella Grecia medievale” (dalla guida Feltrinelli). Ci si arriva lungo una stradina in mezzo al nulla, una volta lasciata la statale e usciti da Distomo. Incredibili la delicatezza e raffinatezza delle decorazioni in marmo delle finestre. C’è persino la reliquia di San Loukás, un pelino inquietante.

Delfi

Arriviamo di pomeriggio, e ci concentriamo a girare per il paese e fare i turisti rilassati. Il panorama è gradevole, non solo sul golfo di Corinto, ma anche sui monti Parnassos, che fanno da sfondo al sito archeologico.
Cani e gatti rilassati, un coniglio sul davanzale, la macelleria con le foto di famiglia vicino alla cassa, il gelato non proprio indimenticabile, l’insegna double-face bruciata da un lato, la cena con lo stufato di cinghiale di cui eravamo stati avvisati, la piazza della chiesa con i ragazzini che elemosinano ancora una mezz’oretta prima di dover tornare a casa (questa la conosco!).

Visita al sito archeologico e al museo.

Bab ha chiesto la profezia per conto di suo padre e le risposte sono state:

  • No.
  • No.
  • Forse.
  • Sì è vero, dipende dal semaforo.
  • Sì.
  • Certo, il 23.

Speriamo che si ricordi le domande che aveva in mente.

Lo spettacolo è impressionante, incastonato com’è tra i monti.
Arrivare allo stadio, dopo una bella salita, forse faceva già parte della competizione; o forse erano più allenati di noi.

Il museo merita, nonostante per Gaia i musei e le mostre siano sempre una sofferenza.

Meteore

Per me è un ritorno, a distanza di 35 anni. Probabilmente i ricordi sono offuscati, ma il paese è cambiato drasticamente, ora che è una meta turistica ben frequentata. Ad ogni modo non in maniera sgradevole, anzi. In piazza c’era la sagra dei funghi con cibo, bevande e frutta offerta a chiunque; peccato che il tempo abbia rovinato la serata con pioggia e vento.

Siamo riusciti a visitare 5 monasteri. Per tutti, per un verso o per l’altro, lo sforzo valeva la pena.

Il monastero della Gran Meteora ha un bel sito (clicca qui).

Normalmente l’accesso alle donne è consentito solo se hanno la gonna (indipendentemente dalla lunghezza dei pantaloni, deve esserci proprio la gonna!), ma mettono a disposizione dei pareo all’ingresso, presidiato da monaci o monache. Non così al monastero di Varlaám! Qui all’ingresso c’era un personaggio degno del più sgangherato e corrotto paese del terzo mondo, sia come cordialità (inesistente) che per obbligo di acquisto del pareo. Bab e Gaia hanno rinunciato, piuttosto “contrariate”.

Al monastero di Roussanous, piccolino ma molto bello, la biglietteria era in mano a una suora, che aveva il suo bel daffare tra vendita biglietti, richiamare per gli schiamazzi, e ricordare di togliersi il copricapo quando si scende nella zona della chiesa e museo. Che poi era videosorvegliata scrupolosamente.

Ho apprezzato molto anche l’aria molto più rilassata del monastero della Santa Trinità, snobbato da molti per via della lunga e ripida discesa+salita per accedere (e altrettanto al ritorno).

Un po’ un peccato il divieto di fotografare nelle chiese. Ci sono bellissimi affreschi. Dopo aver visto una coppia di turisti ignorare il divieto e posare in maniera assurda in un luogo che comunque esige rispetto, lo posso però comprendere e condividere.

Grotte di Pérama

Lasciamo la Tessaglia per l’Epiro, e scavallate le montagne, proseguiamo in direzione ovest, con prima tappa alle grotte di Pérama, nelle vicinanze di Ioánnina, sul lago Pamvótis. Così consolidiamo una volta in più la tradizione secondo cui durante le nostre vacanze visitiamo delle grotte. Queste non sono certo spettacolari come quelle di Frasassi o Postumia, ma valgono comunque la visita.
Alcuni scorci ricordano scene di Alien…

Alla biglietteria, appurato che siamo italiani, ci danno il depliant illustrativo in … spagnolo!
Ci contendiamo la guida, disponibilissima, con una scolaresca: di fatto diventa una visita guidata privata in inglese per noi, con ripetizione in greco per il resto del gruppo.
Unica nota lievemente stonata: l’illuminazione a volte risulta un po’ accecante.

Ioánnina

Una normalissima città greca, universitaria, poco turistica, affacciata sul lago Pamvótis.
Con enorme soddisfazione di Gaia, vanta un ristorante orientale il cui sushi, à la carte, è di qualità notevolmente migliore dei vari all-you-can-eat nostrani.

Bella passeggiata all’imbrunire (è uno dei vantaggi delle vacanze di fine giugno, c’è chiaro fino a tardi!) nel kástro, fino alla moschea ed alla tomba di Alì Pascià, che con le sue spensierate alleanze di destra, di sinistra, di centro… ah no, questi erano altri (citando Gaber 🙂 ) – comunque un personaggio dalle varie ed alterne alleanze che si è costruito un “regno” di tutto rispetto. Finché è durato, poi la sua testa ha seguito destini diversi dal resto del corpo.

Dodoni

Il sito archeologico di Dodoni non dista molto da Ioánnina, e vale assolutamente la visita. Noi siamo arrivati abbastanza presto in mattinata, ma indipendentemente dall’orario siamo comunque lontani dalle folle di altri luoghi più famosi.

E invece merita assolutamente. Ai piedi dei monti Tomaros, sfoggia un teatro enorme che accomodava 17mila spettatori, e l’oracolo di Zeus, il più antico della Grecia, dove le divinazioni avvenivano in base allo stormire delle foglie di una quercia – quella attuale è stata piantata da un archeologo francese.

Come in gran parte dei siti che abbiamo visto, gli scavi e le opere di restauro sono in piena attività.

Ponte tra Rio e Antirrio (Patrasso)

A spezzare la prima delle lunghe tappe incontriamo il ponte di Patrasso, che unisce Epiro e Peloponneso. Il pedaggio è (giustamente) salato, e l’opera è maestosa.

È stato soprannominato ponte di Poseidone, ed è con i suoi 2883 metri il ponte strallato più lungo del mondo. Domina il panorama della zona con i 164 metri di altezza dei piloni portanti. Il piano stradale attraversa il golfo di Corinto a 60 metri sopra il livello del mare.” (da wikipedia)

Il mio pensiero va a un’opera assimilabile programmata in Italia, tralasciando ogni commento.

Olimpia

Ultima tappa culturale della vacanza. Anche questa l’avevo visitata nel 1988, ma in pieno luglio. Infatti i ricordi (ed anche le foto dell’epoca) testimoniano di un ambiente molto più secco. Invece noi arriviamo giusto in tempo per un tuffo in piscina e per un lungo temporale. Il piano di visitare il sito archeologico il pomeriggio stesso sfuma. Poco male, abbiamo un ristorantino direttamente sotto l’hotel, e riusciamo a fare una passeggiata per il paese – esclusivamente dedicato al turismo, tra negozi di souvenir, ristoranti e alberghi.

Ci dedichiamo al sito la mattina successiva, di buon ora: alla fine è meglio la mattina presto che la sera; c’è più fresco, e non sono ancora arrivate le ondate di turisti scaricate dai pullman (che arriveranno quando noi usciamo).

Rispetto ad allora molte cose sono state sistemate, in generale il sito è stato reso più comprensibile, e alcune colonne sono state riposizionate/ricostruite – allora sembrava soprattutto un campo di macerie.
Il tempio di Zeus continua a non essere calpestabile e le enormi colonne continuano a giacere per terra, a meno di una, ricostruita per dare un’idea delle dimensioni.
Non ricordavo l’esistenza della villa romana che si è fatto costruire Nerone per assistere ai Giochi.
Non ho sentito nemmeno un fischietto dei custodi, che invece all’epoca erano un continuo per dissuadere i visitatori dall’arrampicarsi dove non dovevano. Illudiamoci che il pubblico sia diventato più rispettoso.

Con le ultime briciole di sopportazione e arrancando metaforicamente sui gomiti, Gaia ci accompagna nella visita al museo, dove faccio incetta di ritratti millenari (ma questo è materiale per un altro post).

Da Olimpia partiamo per la lunga tappa che attraversa il Peloponneso, con un solo breve tratto di autostrada, mentre per il resto si viaggia su statali in mezzo ai monti. Un enorme temporale con cielo scurissimo ci minaccia, ma all’ultimo momento ci evita.

Elafónissos

E finalmente arriviamo al mare. Breve traversata con il traghetto – una decina di minuti – e siamo a Elafónissos. Prendiamo possesso del nostro appartamento al “Sogno Greco“, in paese.
Per il primo giorno mi sento in trappola, dopo il continuo viaggiare e vedere dei giorni passati. Poi mi adeguo ai ritmi più rilassati, e trascorriamo una gradevole vacanza di mare.

A giudicare dalla molteplicità di alloggi turistici, ristoranti e qualche struttura abbastanza capiente, presumiamo che in alta stagione debba esserci molto afflusso turistico. Per ora siamo a stagione ancora in fase di avvio, si sta benissimo.

Bellissime le spiagge, da quella di Símos, con il suo istmo e la doppia baia, a quella di Panagias di Káto Nisí, a quella vicina alla cittadina stessa, Kalógeros, tutte con il loro ecosistema di dune – ambiente protetto che si attraversa sulle apposite passerelle.

Da Káto Nisí, mentre Bab e Gaia si crogiolano in spiaggia, esploro il sentiero (bene evidente all’inizio e poi sempre più da indovinare) lungo la scogliera fino alla cappella di Agios Patapíos. Si rivela essere veramente una piccolissima cappelletta, e il sentiero è pressoché inesistente da lì in poi – peccato sarebbe stato carino doppiare la punta del promontorio. Ma con le mie Teva rammendate alla meno peggio non ho voluto rischiare di più (10 anni di onorato servizio). Lungo il sentiero c’è una curiosa… colonna? con inserite scarpe spaiate. Potrebbe essere un memoriale a chi si è disperso in mare, o a chi ha abbandonato l’isola volontariamente (pensiero più positivo).

Non ci facciamo mancare le cene, alternando i favolosi panini gyros pita con qualche uscita al ristorante: alla fine eravamo sempre orientati verso quelli che si affacciano verso il tramonto, seduti a tavola direttamente in spiaggia. Anche per un mega dessert.
Passerà alla storia il mio ordine di un “glass of white water”… ero sovrappensiero, volevo un bicchiere di vino bianco, ma le commensali vanno ad acqua. Abbiamo riso per mezz’ora 🙂 Anche il cameriere.

Mati e rientro

Ultima lunga tirata di rientro. Dal traghetto salutiamo l’isola e riprendiamo le strade della Lakonia, fino a raggiungere l’autostrada che ci porterà, superato l’istmo di Corinto e girato attorno ad Atene, al paesello di Mati. Deve essere un luogo di fuga per il week-end per gli Ateniesi, ma è sul mare ed è comodo per l’aeroporto – ci va più che bene, visto che abbiamo il volo di rientro domani mattina.

L’albergo non è male anche se piuttosto anonimo, forse ha da un po’ passato i suoi anni migliori. Alla reception le signore parlano qualsiasi lingua. Un paio di ragazzini giocano con l’ascensore – forse vengono da qualche paesello dove non ci sono case alte 🙂

Faccio una passeggiata per il paese con la scusa di scoprire dove cenare. I condomini sono carini, ma dappertutto ci sono inferriate e segnali di vigilanza. Anche sulla cancellata della chiesa di Kimíseos Theotókou: poca fede. Tutta bianca senza alcuna nota di colore ha un che di strano. Mah…

Curiosità

Interpretazione esperienziale (scherzosa e senza offesa!) del Codice della Strada greco, dopo aver guidato a Creta, Atene, Epiro, Tessaglia e Peloponneso:

  • Casco: è obbligatorio averlo con sé, ma non indossarlo. Fa caldo. Vale anche in presenza delle Forze dell’Ordine.
  • Revisione per moto e scooter: non esiste, basta che funzionino.
  • Targa per scooter e moto: sembra essere facoltativa. In caso si può applicare in posizione nascosta in modo che non si sporchi.
  • 4 frecce: permettono la fermata ovunque. Anche se devi sbrigare una commissione, la strada è stretta e tu blocchi il traffico.
  • Corsia di emergenza: si usa anche per la marcia normale, almeno parzialmente, così resta spazio per chi deve sorpassare – sia in un senso di marcia che in quello opposto, indipendentemente dalla linea di mezzeria (cfr.)
  • Linea di mezzeria: è più che altro un riferimento spaziale-geografico. Tratteggiata, continua o doppia non c’è differenza.
  • Limiti di velocità: i paesi dell’UE che hanno cartelli in sovrappiù li mandano in Grecia, dove vengono riciclati, installandoli ed alternando con disinvoltura ed allegramente, anche in autostrada, i limiti da 100-110-120-130-80. Non trovo altra spiegazione.
  • In autostrada a 3 corsie, la corsia di destra è per i perdenti: si marcia rigorosamente su quella di centro. Anche se sei in scooter (in questo caso con il casco).