Un amico mi ha regalato una Halma Auto, una reflex a pozzetto medio formato del 1960, che languiva nel suo garage. Funziona ancora perfettamente. Ovviamente tutto manuale, nulla di elettronico, nessun esposimetro. Ghiere diaframma e tempi senza scatti, si impostano in continuo. Primo tentativo miseramente fallito. Il secondo è andato molto meglio. Bene, ma adesso dei negativi (o dei provini) che me ne faccio? Vorrei portarli in digitale.

Entra in azione il lato MacGyver del fotografo. Recupero una lightbox dei tempi del liceo di Bab, sostituisco la lampada ad incandescenza con una striscia led così non cuoce i negativi, aggiungo del plexiglas bianco, e monto la reflex sul cavalletto con l’obiettivo macro – risultati oltre le più rosee aspettative…

E se usassi la stessa tecnica per recuperare vecchie diapositive e negativi? I risultati delle scansioni fatte fare a laboratori esterni non sono così soddisfacenti, pur essendo i costi non trascurabili. Inoltre così ho il file raw su cui poter agire.

Funziona addirittura decentemente con i negativi C110 della mia Agfamatic Pocket: tenendo conto della grana e delle dimensioni del negativo, il risultato è più che accettabile!