Visto che ero già a Milano per la mostra di Zanele Muholi, ho approfittato per visitarne altre che mi avevano incuriosito.

In primis, visto che già ero al Mudec, ho vistato quella sui surrealisti (il titolo esaustivo è “DALÍ, MAGRITTE, MAN RAY E IL SURREALISMO. Capolavori dal Museo Boijmans Van Beuningen“). Interessante sì, tante opere che già conoscevo. Mi ha toccato molto meno di quella di Muholi. Impossibile sfuggire a Adobe Photoshop 2022 di Cory Arcangel, visto che “è” il posto su cui si cammina.

Sfruttando la vicinanza fisica, un salto all’Armani Silos. L’accoglienza dei ragazzotti in black che sembrano tanti agenti della CIA (ma in maglietta) e ti indicano dove andare non mi ha entusiasmato. Ma il motivo della visita era la mostra di Guy Bourdin. Gran parte delle foto fanno parte delle campagne che ha creato negli anni ’70 e ’80 per le scarpe di Charles Jourdan – ed è interessante come abbia trovato tanti modi diversi per far spiccare sempre la scarpa come soggetto della foto. In un certo senso è stata una prosecuzione della mostra dei surrealisti. Le foto che ho scattato non rendono minimamente giustizia alla brillantezza dei colori delle stampe esposte. Ancora una volta, peccato per i vetri che riflettono moltissimo.

Ultima tappa a Palazzo Reale per la mostra su Mario Dondero. Completamente diversa dalle altre, visto che si tratta della retrospettiva su un quello che si può ben definire, forse un po’ riduttivamente, fotoreporter, ma pur sempre un nome importante della fotografia italiana. Mi sono soffermato su alcuni ritratti e soprattutto su alcuni dettagli, come ad esempio le ciabatte da spiaggia che si vedono in alcune foto (quelle di plastica marroni; chi altri se le ricorda?). Purtroppo pessimo l’audio dell’intervista nell’ultima sala, praticamente impossibile da ascoltare.

Palazzo Reale sembra sempre avere “one more thing”. In questo caso sono incappato nel centro-tavola allestito in onore di Napoleone (immaginate le dimensioni della tavola!), in Mariverticali di Fabrizio Plessi, ed in “XHIXHA. La reggia allo specchio“. Ce n’erano altre, ma ormai ero in overload.